Ci sono cose che non dovrebbero accadere, soprattutto a delle bambine innocenti come Alessia e Martina Capasso, la cui vita è stata spezzata.
Ci sono ferite che non si rimarginano mai. Possono passare anni, cambiare stagioni, ma il dolore resta lì, vivo, a ricordarti ogni giorno ciò che hai perso. È quello che accade ad Antonietta Gargiulo, sopravvissuta alla strage di Cisterna di Latina, quando sette anni fa il marito carabiniere le sparò e poi uccise le loro figlie, Alessia e Martina.
Antonietta ce l’ha fatta a sopravvivere, ma non senza cicatrici. In televisione, a Propaganda Live, ha raccontato di quel momento in cui, dopo l’operazione, si è risvegliata scoprendo la notizia più terribile: le sue bambine non c’erano più. “Era come se Alessia e Martina fossero accanto a me e mi dicessero: mamma, tu devi vivere. Anche per noi”, ha confidato.
Oggi Antonietta continua a vivere portando avanti una battaglia per la verità e la giustizia, ma anche per tutte le donne.
“Non esiste l’amore malato, l’amore non ti chiude in una prigione, non ti vuole morta. L’amore ti rispetta, ti fa crescere”. Parole che suonano come un monito a chi usa quell’espressione sbagliata per giustificare la violenza. Parole che fanno male perché sono vere, Alessia e Martina sono state uccise dal loro stesso padre, l’uomo che avrebbe dovuto amarle per sempre, e che invece ha messo fine alle loro vite.
Eppure, Antonietta non è ancora stata riconosciuta ufficialmente come vittima di femminicidio. Una mancanza che pesa, se pensiamo che il suo stesso corpo porta i segni di quella furia cieca, e che il dolore per la perdita delle figlie è un macigno che nessuno potrà mai alleggerire.
Il ricordo di Alessia e Martina continua a vivere non solo nelle parole della mamma, ma anche in chi le ha conosciute da vicino.
La loro insegnante di danza, Maria Grazia Angeletti, durante l’evento Stand Up for Girls organizzato da Terre des Hommes a Roma, le ha ricordate insieme ad altre due giovani vittime di violenza: Desirée Mariottini e Renée Amato.
“Le ho viste crescere e sognare. La violenza non è solo un pugno, è anche una parola che ferisce, uno sguardo che ti spoglia, un amore che ti controlla e ti isola”, ha detto commossa.
Poi una promessa, rivolta proprio a quelle ragazze: “Vi prometto che danzerò per voi e urlerò i vostri nomi finché il mondo non mi ascolterà. Ogni bambina e ogni ragazza ha diritto a un futuro, non a una lapide”.
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