Controllare il telefonino del proprio partner è permesso dalla legge o costituisce reato? Scopriamo cosa dice la legge relativa alla privacy.
Tanti partner sono talmente gelosi da controllare lo smartphone del proprio coniuge. Un comportamento scorretto e pericoloso, con la gelosia che in questi casi si trasforma in morbosità e in sentimento tossico. Altri, invece, ricorrono alla sbirciata del cellulare del partner solo in caso si sospetto di un tradimento. Ma quando un gesto simile è permesso dalla legge e quando costituisce reato?

La tentazione di dare una sbirciata al telefonino della propria compagna o del proprio compagno spesso è forte, per alcune persone è addirittura irresistibile. Tuttavia, è importante rispettare sempre la privacy altrui, e in certi casi, al posto di spiare sarebbe bene parlare chiaramente di ciò che non funziona più nella relazione. Tuttavia, in certi casi, spiare il cellulare non è reato. Cosa dice la legge a riguardo?
Spiare il cellulare del partner, quando la legge lo permette perché non costituisce reato
Tante persone sfruttano proprio gli screen di foto e messaggi prelevati dal telefonino del proprio coniuge per portare delle prove concrete in tribunale, nel caso di una separazione non condivisa. A tal proposito, la Corte di Cassazione cerca di trovare un equilibrio tra diritto di difesa e rispetto della privacy, sottolineando l’importanza della password. Cosa significa?
Nel contesto di una separazione, per provare la crisi all’interno di in matrimonio occorre portare delle prove concrete, anche per avviare il cosiddetto addebito della separazione, una conseguenza economica sfruttata dalla parte lesa. Il coniuge che ha violato la promessa di fedeltà è chiamato a risarcire economicamente il partner tradito. Le prove digitali, in tal caso, sono essenziali.

Sbirciare il telefono degli altri non è lecito, perché si invade la privacy, ma la legge permette la sbirciata soltanto in un caso specifico, ossia quando il telefono viene lasciato incustodito e senza password, in uno spazio comune, che può essere la casa. Il Tribunale di Roma, ad esempio, ha evidenziato per la prima questa dinamica in una sentenza storica, che vedeva il tradimento di una moglie e con il marito che era riuscito a fornire prove digitali del tradimento della stessa con l’amante.
La questione password, quando spiare lo smartphone del coniuge non è reato
Se il telefono viene lasciato incustodito e aperto, quindi non occorrono password per sbloccarlo, allora il partner può dare una sbirciata e provvedere a scattare foto e a raccogliere prove digitali di valore legale. Invece, diventa reato quando la persona tradita invade la privacy del partner e viola PIN, password, sistemi di riconoscimento facciale ed entra abusivamente nel sistema informatico dell’altro.

Se si invade la privacy e si raccolgono prove, per assurdo queste restano inutilizzabili in tribunale. Anzi, si viene denunciati per invasione di privacy, quindi si rischia la querela penale da parte del coniuge. Occorre quindi provare di aver raccolto prove in maniera lecita. In questo caso, però, subentra un altro problema: la sbirciata lecita quando avviene?
Se si conosce la password del partner e si sblocca il telefono, è comunque reato? Oppure, se esiste l’abitudine di controllarsi i telefoni a vicenda? Tante dinamiche non sono ancora chiarite dalla legge, e il tutto varia da situazione a situazione. Agenzia Delle Entrate, ora ti manda direttamente la fattura da pagare: ma occhio non è come sembra.